12.01.2011 -
26MO CONGRESSO DELLA FNSI:
L'INTERVENTO DI SIDDI
“Dedico
questa mia relazione ai lavoratori precari e ai 131 colleghi di E-Polis,
figli e vittime di una imprenditoria pirata e alle prese con un’istanza
fallimentare. Ma anche ai cassintegrati e ai disoccupati, non solo della
nostra categoria, che hanno dovuto fare i conti con imprenditori
scellerati che non mettono al primo posto la vita dei lavoratori nel
progetto dell’impresa. Ricordo in particolare i lavoratori della Vinyls
che per far sapere al mondo la loro condizione si sono auto reclusi, da
un anno, nel vecchio carcere dell’Asinara. C’è bisogno di un piano
straordinario per combattere la precarietà”.
Con queste parole di denuncia e solidarietà, il segretario generale
della Federazione della stampa italiana, Franco Siddi, ha dato il via, a
Bergamo, al dibattito che attende i 286 giornalisti delegati (sui 312
eletti al XXVI Congresso nazionale della Fnsi).
Dopo l’appuntamento di Bormio, 21 anni fa, il sindacato dei giornalisti
torna in Congresso in Lombardia, terra che, in epoca recente, ha
espresso due segretari nazionali, Sergio Borsi (che è stato anche
direttore dell’Eco di Bergamo) durante la prima trasformazione
tecnologica della nostra professione, e Giorgio Santerini, successore,
nell’Associazione lombarda, al compianto Walter Tobagi “uomo del
confronto e delle idee ucciso dal terrorismo”, ha voluto sottolineare
Siddi.
Il segretario Fnsi ha voluto poi lanciare un richiamo esplicito al mondo
imprenditoriale: “deve tornare alla sua missione d’impresa e ritrovare
il coraggio di rischiare. Occorre responsabilità, realtà e realismo”, ha
ricordato Siddi. Due date hanno segnato la recentissima storia
dell’attività sindacale dei giornalisti: il 27 marzo 2009 la firma del
rinnovo del ventottesimo contratto nazionale di lavoro e il 3 ottobre
dello stesso anno, la manifestazione a Piazza del Popolo a Roma, in
difesa della libertà d’informazione da assalti di ogni genere nel
tentativo d’imbavagliarla attraverso norme antidemocratiche. Due date
strettamente collegate con altre due distanti più di un secolo: la
nascita della Federazione nazionale della stampa italiana nel 1908 e la
firma del primo contratto nazionale di lavoro dei giornalisti nel 1911.
“Cambiano le situazioni, ma questi riferimenti restano garanzia di
futuro - ha detto Siddi – per una professione che concorra in maniera
determinante a ristabilire e affermare l’idea dell’informazione come
bene pubblico delle società democratiche”. Il segretario Fnsi ha posto
come priorità alcuni temi: il problema del precariato oggi così diffuso
anche nell’industria dell’informazione, la necessità di allargare la
base produttiva per rimettere in moto l’occupazione, la qualità
dell’informazione e il giornalismo etico, la riforma di un welfare non
solo di assistenza per le uscite dal lavoro ma di sostegno alla nuova
occupazione, una riforma dell’accesso alla professione e una grande
riforma dell’editoria. Tutte condizioni queste per rinnovare
permanentemente la nostra azione di sentinelle e operatori della libertà
dell’informazione da difendere con ogni energia ogni volta che viene
messa sotto tiro, qualunque sia il tipo di bavaglio che s’avanza.
Occorre avere rispetto della dignità dei lavoratori siano essi
dipendenti, precari o freelance. Avanziamo da qui la proposta a editori
e istituzioni di lavorare a un piano straordinario diversa
dall’industria manifatturiera. L’informazione è in stretta connessione
con la democrazia e la sua buona salute”. A riprova dell’estrema
difficoltà e crisi in cui versa il mondo del lavoro dei giornalisti fa
fede la relazione della Giunta esecutiva che segnala nell’ultimo mandato
ben 580 giornate di vertenze sindacali per stati di crisi, cessazione di
attività, trasferimenti di aziende e contenziosi di lavoro; 243 accordi
sindacali e verbali di riunioni con le controparti e/o al Ministero del
lavoro (con un incremento del 400% rispetto al triennio precedente) e 47
quotidiani, 44 periodici e 6 agenzie di stampa che hanno presentato
piani di riorganizzazione.
“Se anche gli editori sostengono che si esce dalla crisi puntando sulla
qualità dell’informazione, c’è da aspettarsi coerenza nei fatti. Cosa
che ancora non sta avvenendo – ha sentenziato Siddi. La crisi
dell’editoria italiana non è finita, ma non si supera solo con tagli o
dumping sociale tipo Fiat. Pomigliano e Mirafiori erano dietro l’angolo,
noi li abbiamo evitati riuscendo a fare a marzo del 2009 il rinnovo del
contratto che altri volevano dichiarare esaurito per confinarlo alle
sole dimensioni aziendali, devastando principi, valori e diritti
universali. Il contratto l’abbiamo fatto. E ora siamo riusciti a far
seguire anche altri, tenendo conto delle novità dei comparti, come
AerantiCorallo, contratto questo ancora debole, non per tutti
soddisfacente ma unico possibile e utile a reggere la situazione in un
momento difficile. Lo Stato inceve nega da 20 anni il contratto per gli
uffici stampa nonostante una legge. Ma con l’iniziativa sindacale
abbiamo messo in regola 1.400 posizioni che concorrono oggi alla
sostenibilità dell’Inpgi.La sfida dunque è allargare la platea e pensare
a forme nuove di contrattazione e di tutela anche per le nuove
piattaforme di diffusione dell’informazione.
Sulle auto è diverso. A Mirafiori c’è una sfida drammatica. Marchionne
minaccia il trasferimento all’estero e usa quest’arma per cambiare le
regole del gioco. Ma le auto si possono fare ovunque. I giornali, almeno
quelli italiani, no. Questo ci aiuta. Per quanto ci riguarda diciamo che
i diritti essenziali e universali non li scambiamo. Senza non c’è lavoro
che sia tale. Noi la flessibilità già la applichiamo e chiediamo agli
altri di riconoscerlo come valore.
Marchionne tenta ora l’affondo e dice di voler cambiare l’Italia. Ma lui
è un fattore, bravissimo nel suo mestiere, forse il migliore per
riportare il suo azionista a fare profitti e ad averne in cambio
altrettanti per sé, potendosi farsi pagare tanto in via diretta ma
riservarsi anche stock option da incassare quando più gli conviene. Ma
Marchionne e l’industria dell’auto non hanno la responsabilità
democratica che ricade sull’industria dell’informazione e sui
giornalisti. Siamo una realtà diversa dall’industria manifatturiera.
L’informazione ha un’altra identità, non meramente corporativa e il suo
assetto industriale e professionale deve corrispondere alla circostanza
che è un bene pubblico in stretta relazione al buon funzionamento della
democrazia. Noi siamo un sindacato unitario di categoria, pluralista
nella sua unicità. Non rinunciamo a questa nostra natura, perseguiremo
sempre le via dell’unità e del dialogo con tutto il mondo del lavoro,
anche là dove la nostra dialettica ci può portare distanti su qualche
posizione.
La crisi nel nostro mondo resta ancora pesante, anche con il rischio e
l’emersione latente del conflitto generazionale anziani–giovani, i quali
costano meno alle imprese e cercano spazio e lavoro, non precarietà. Non
si può immaginare un cambio di marcia semplicemente sostituendo
l’entusiasmo dei giovani all’esperienza degli anziani. E’ il contratto
nazionale, certo perfettibile, lo strumento che consente di garantire
l’autonomia professionale nei luoghi e nei rapporti di lavoro”.
Preoccupazione ha poi espresso Siddi per la forte diminuzione dei fondi
di legge per l’editoria che in tre anni sono passati da 640 a 180
milioni di euro. Una sollecitazione è stata rivolta invece alle
proprietà dei giornali: “Non è giusto che le banche siano nelle
compagini azionarie delle società editrici”, ha aggiunto Siddi,
lanciando la proposta di costituzione di un fondo per la libertà di
stampa finanziato da Fondazioni bancarie.
Quindi il segretario ha richiamato tutti i delegati a rivalutare il
valore della solidarietà. “Occorre irrobustire il sistema delle garanzie
per tutti i lavoratori dell’informazione, dipendenti, precari o
freelance, evitando dolorose mortificazioni. L’idea di pagare un
giornalista 1.200 euro al mese è sbagliata. Le competenze, la
professionalità e soprattutto la flessibilità vanno retribuite in
maniera adeguata, altrimenti questo lavoro lo faranno solo i più
ideologizzati o chi sarà costretto a mettere in vendita la propria
dignità per sopravvivere. Si sappia - ha tenuto a precisare Siddi – che
i giornalisti non appartengono ai partiti né a una politica che vuole
solo cortigiani e coltiva un linguaggio sprezzante e inaccettabile. Il
nostro compito è quello di avere come stella polare la formazione
dell’opinione pubblica e la relazione con essa, come mirabilmente
abbiamo potuto ricollegare con noi nella manifestazione del 3 ottobre
2009 a Piazza del Popolo a Roma. Il nostro compito è essere testimoni e
segno di senso nella società”. Prima di concludere il segretario della
Fnsi ha ricordato la passione professionale di Amedeo Vergani e
l’impegno di Mimmo Castellano, due colleghi recentemente scomparsi, ma
il cui ricordo rimane punto di riferimento per tutti i giornalisti.
“Molti colleghi vogliono che mi ricandidi e io accetto la sfida - ha
infine annunciato Siddi - Da buon sardo non tollero le accuse infondate
e gli impostori”, avvertendo che “se verrà bocciato il lavoro sulle
modiche statutarie approvato dal Consiglio nazionale, questa non sarà
una sconfitta per Siddi o per Natale ma un tradimento del principio
dello stare insieme e di fare sindacato”.